Ricoveri in galleria per la popolazione civile

«Ce ne dovrebbero essere dovunque è da temere un attacco aereo, ed adeguati al numero delle persone da riparare ed alla specie delle offese». Era scritto in un documento redatto nel 1927 dal Comando del Corpo di Stato Maggiore a proposito del Concorso degli Enti civili e delle popolazioni alla difesa C.A. del territorio nazionale. Lo stesso documento poi proseguiva: «Però in pratica non sarà generalmente possibile costruire ricoveri alla prova contro le bombe più grosse, che hanno parecchie centinaia di kg di potente esplosivo. I loro effetti di demolizione sono tali che richiedono notevoli masse di cemento armato, o caverne in terreno molto compatto, le une e le altre molto costose e ingombranti, specie nelle città». E allora? «Bisognerà quindi nella maggior parte dei casi adattarsi a considerare il colpo in pieno delle bombe maggiori come eccezionale, e prowedere a ripararsi solo dagli effetti complementari di queste, quali proiezioni di schegge e detriti, incendi, e dalle bombe minori (fino ai 100 kg ). Di conseguenza, ricoveri piccoli, numerosi, variamente dislocati ed adattati alle condizioni locali». A Bologna, dopo una iniziale inerzia e a seguito dei tragici bombardamenti avvenuti sul finire del 1943 e nel gennaio 1944, si provvide a costruire difese di ogni genere, ma soprattutto 25 ampi ricoveri in galleria. Furono utilizzate la zona collinare a sud della città; quelle a ridosso della cinta muraria in Viale Carducci e in Viale Berti Pichat e all'interno delle mura in corrispondenza di particolari aree rialzate, come la Montagnola e i giardini di via del Guasto.

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Crediti

        Link all'accreditamento dell'Associazione discendenti della 10a Divisione da Montagna