Dal libro Sulle orme di mio padre. Di Cruz Rios

      Qualche giorno dopo, il 2 di Maggio, i tedeschi si arresero e dopo i discorsi ufficiali fu ordinato al terzo battaglione di andare a Bolzano. Questa città si trova sulle Alpi. Il passo del Brennero è a pochi chilometri dalla città e dovevamo stabilirci lì perché c’erano disordini tra le popolazioni della zona. Ricordo che mentre l’intero reggimento risaliva con i camion, carri anticarro e carri armati da Trento, noi avanzavamo in mezzo alla strada e i tedeschi prigionieri scendevano ai lati. Rimanemmo là per tre quattro giorni. La cosa più importante era dare una dimostrazione di forza, calmare la gente e placare i disordini.

Durante il viaggio c’era chi voleva innalzare la bandiera italiana, chi voleva quella tedesca o quella australiana. Alla fine il comandante del nostro battaglione, che è ancora in vita e ha ora ha 80 anni, disse "No, l'unica bandiera che dovete innalzare è quella americana". Erano posti stupendi ma non rimanemmo a lungo nel paese di Solda, solo tre o quattro giorni.

Tornammo quindi indietro a sud del Lago di Garda in un paese, di cui ora non ricordo il nome. Siamo rimasti alcuni giorni. In quel paese vidi mucchi di fucili accatastati da cui ne presi uno che poi spedii a casa. Per me tenni una pistola, una piccola Beretta. Avevo un’altra pistola ma la diedi via e vi spiego il motivo. A casa avevo una pistola, era grande...e comunque ero sempre stato impaurito dalle armi. Le tenevo sempre scariche. Un compagno ne aveva una uguale e me la diede. La puntai in aria e premetti il grilletto. Bang...oh mio ...era carica. Mi spaventò a morte. Avrei potuto uccidere qualcuno se non l’avessi puntata in aria. A certa gente piace tenere le armi cariche...Non so perché ho premuto il grilletto, volevo solo provarla ma il colpo è partito. Ero terrorizzato.

Non restammo a sud del lago di Garda a lungo. Il 19 Maggio fummo mandati ancora più ad est, vicino al confine con la Iugoslavia, nei pressi del paese di Tarcento dove bivaccammo per circa un mese. Mi ricordo di una valle in mezzo a delle montagne bellissime dove ci esercitammo poiché gli uomini di Tito, che si producevano nelle stesse nostre dimostrazioni di forza, volevano conquistare parte di questa regione Italiana. Erano interessati in particolare a Trieste. Trieste è una città simile a San Francisco e si trova proprio alla fine del mare Adriatico. Volevano avanzare ma nello stesso tempo erano intimoriti dalla nostra dimostrazione di forza ma non attaccarono. Dopo un po’ la situazione si calmò.

Ricordo quando andai a Trieste insieme ad un compagno di cui non rammento il nome. Eravamo su una macchina, ci arrampicammo su per strade ripide per vedere dove ci avrebbero portato, tornammo indietro fino al porto e da lì sino al campo base.

Nell’area di Tarcento c’erano solo dei piccoli villaggi e poiché pareva fossero  disponibili  alcuni lasciapassare per una licenza a Roma, che avrei voluto visitare, chiesi di andarci. Purtroppo non c'erano più disponibilità per Roma e mi chiesero in quale altro luogo avrei voluto recarmi e così scelsi Venezia. Ottenni un lasciapassare e una licenza di una settimana ma mi accorsi che non avevo un soldo. “Come farò ad andare a Venezia?” Mi chiesi. Avevo tante sigarette e tre dollari. Vidi i compagni che giocavano a dadi. Io non avevo mai giocato d’azzardo nella mia vita ma cominciai a scommettere e vinsi 25-30 dollari grazie ai quali riuscii ad andare a Venezia.

La zona centrale di Venezia è come una baia la cui parte esterna è vicino al mare aperto. Ci sono molti hotel per turisti e alloggiammo in uno di questi. Ero sempre stato incuriosito dal fatto che gli Inglesi mangiavano tenendo la forchetta a sinistra. Andai a passeggio e a mangiare con loro in quanto l’8° armata, composta soprattutto da inglesi, era da quelle parti. Feci dei lunghi giri in bicicletta. Poi tornai al campo.

L’anniversario del 4 Luglio, lo passammo a Robic. Essendo una delle ultime divisioni da combattimento ancora in Italia,  pensavamo di starcene là ancora un po’ e che saremmo stati gli ultimi ad andarcene. Invece no: verso la metà di luglio ricevemmo l’ordine di rientrare negli Stati Uniti. Il vero motivo per cui ci fecero tornare indietro così presto era che dovevamo andare nel Pacifico. I giapponesi erano ancora in guerra. Il 17 Luglio lasciammo Caporetto verso Udine su dei camion e raggiungemmo, in treno, Firenze dove rimanemmo 10-15 giorni. Il 28 Luglio salimmo ancora sui carri merci diretti a Napoli da cui ci imbarcammo per gli Stati Uniti.

Finita la guerra, dopo che i tedeschi si erano definitivamente arresi, ne incontrai uno:  avrà avuto 18 anni, un ragazzo giovane che parlava un buon inglese. ”Vi avremmo battuto, se avessimo avuto più uomini” mi disse. Erano ancora particolarmente provocatori quei giovani ribelli. Mi sembra di averlo incontrato vicino al Lago di Garda. Certo, lui era ancora pronto a sfidarci.

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Crediti

        Link all'accreditamento dell'Associazione discendenti della 10a Divisione da Montagna