Introduzione
Io ho iniziato ad occuparmi della vicenda dei brasiliani sulla Linea Gotica per colmare una lacuna. Di padre tosco-emiliano e madre brasiliana, ho scoperto solo pochi anni fa che soldati del paese di mia madre avevano combattuto nella regione di mio padre. Nell'aprile del 2003 mi sono capitati due giorni liberi, sono partita da Roma per Montese senza sapere bene cosa stavo cercando. Non conoscevo né date, né settori, né strategie, né ruoli, né numeri. Pensavo semplicemente di camminare sulla terra calpestata anni fa da giovani che potevano essere amici di mia nonna e di lasciarmi suggestionare dai luoghi. Non potevo certo immaginare che quel fine settimana lungo sugli Appennini mi avrebbe portato a scoprire e riscoprire le mie due patrie, a dare una svolta alla mia vita professionale, e avrebbe condizionato i miei spostamenti e i miei giorni per un paio di anni.
Arrivata a Montese ho visto bandiere brasiliane affisse ovunque. Nel corridoi della pensione ho sentito parlare portoghese. La signorina del bar mi ha spiegato che dall'ambasciata brasiliana veniva spesso per incontrare gli anziani, i custodi di una memoria affidata solo alla parola di chi racconta e all'orecchio di chi ascolta. E mi ha detto del corteo che ci sarebbe stato di lì a pochi giorni, il 25 aprile.
In quei tre giorni ho scoperto un mondo. Ho scoperto che in Italia c'è un posto in cui la guerra l'hanno vinta i brasiliani. In cui la salvezza parlava in portoghese, in cui a colazione si mangiava il mingau e a cena i fagioli neri. Ho scoperto che tra Modena e Pistoia ci sono anziani che annoverano tra le canzoni dell'infanzia le stesse della mia nonna brasiliana: "Mamae eu quero", "Oh jardineira porque estas tao triste". Che conoscono perfettamente la geografia del grande paese sudamericano e che ricordano con commozione l'inverno gelido del '44, passato insieme a quei soldati così poco arroganti, così imprevisti e umili, così simili.
La partecipazione del Brasile alla seconda guerra mondiale, e il contributo dato dai brasiliani alla liberazione dell'Italia sono poco noti, in Italia ma anche in Brasile. I motivi di questo oblio sono tanti. Primo fra tutti, l'ambiguità stessa della partecipazione del Brasile al fianco degli Alleati. Il presidente Getulio Vargas prese il potere nel 1930 in seguito ad un colpo di stato militare che gli storici chiamano "rivoluzione del 30", e rimase al potere senza mai indire elezioni fino al 1945. Vargas aveva una certa simpatia per il nazi-fascismo, e il suo governo populista aveva adottato in molti ambiti una legislazione simile a quella mussoliniana.
La politica di buon vicinato però ebbe più peso delle questioni ideologiche, e all'iniziale posizione di neutralità fece seguito la non belligeranza e infine la scesa in campo al fianco degli americani - con i quali Vargas era riuscito a trattare con abilità, e ad ottenere la costruzione di una centrale idroelettrica e di un complesso siderurgico che avrebbe dato l'avvio all'industrializzazione del paese.
Rimaneva pur sempre un'ambiguità di fondo: un paese, in cui non c'era democrazia, mandava i suoi soldati a combattere altrove proprio per la democrazia. Vargas era ben conscio di questa contraddizione e smantellò la forza di spedizione brasiliana al suo ritorno dalla guerra. Ma idee e pulsioni nuove agitano la società e Vargas indisse le prime libere elezioni dopo 15 anni di governo, nel 1945. Le pressioni dei veterani - numerosi, spasi per tutto il territorio del paese, dotati di una esperienza militare e bellica che nessuno nel paese poteva vantare - non furono estranee a questa decisione.
Forse i nostri veterani vengono ignorati proprio per questa loro funzione di cardine, di snodo: voluta dal dittatore, la FEB non può essere glorificata da un governo democraticamente eletto.
I brasiliani ebbero una posizione ibrida anche sul campo di battaglia. La FEB era un corpo d'armata indipendente che affiancava gli Alleati, a differenza di altri eserciti stranieri che erano totalmente integrati in esso - come gli indiani, che facevano parte dell'esercito britannico in quanto membri del Commonwealth, o come i marocchini che erano integrati nell'esercito francese, ma il Marocco era pur sempre una colonia -. Questa distinzione era ben chiara ai generali brasiliani, anche se l'atteggiamento dei capi di stato maggiore Alleati non ne ha mai tenuto conto.
In Italia la scarsa memoria è dovuta senz'altro alla esiguità del territorio in cui i brasiliani hanno combattuto e anche al giusto risalto che la storiografia ha dato al ruolo dei partigiani e della resistenza.
Quali che fossero i motivi della scarsa - inesistente - memoria ufficiale relativa alla partecipazione del Brasile alla guerra, quello che più mi ha colpito - al punto di spingermi a fare i bagagli e andare in Brasile - è stata la forza e l'entusiasmo della memoria locale. La passione dei racconti degli anziani, la freschezza dei loro ricordi, la tenerezza del loro modo di raccontare, e il sorriso di complicità e di riconoscenza che li illuminava ogni volta che si parlava dei pracinhas, i soldati brasiliani. Reazioni che mai mi sarei aspettata per eventi e persone legate a un conflitto così drammatico.
Mi è sembrato di essere di fronte a qualcosa di speciale, che andava ben oltre la cronaca di eventi storici. Mi è sembrato di capire che nell'inverno tra il 1944 e il 1945, sulle cime dell'appennino tosco-emiliano, tra Porretta Terme e Montese, era successa una cosa rara. Due culture, due lingue, forse due miserie, di certo due popoli si erano incontrati, avevano comunicato, si erano compresi.
E' una piccola lezione di apertura e umiltà, di tolleranza e comprensione che andava raccolta al più presto e che và raccontata con ogni strumento.
Marilia Cioni